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giovedì 19 febbraio 2015

FUGHE DALLE SALE D' ATTESA



FUGHE DALLE SALE D’ATTESA ( Alessandro De Vecchi)
Ho speso parte della mia vita in sala d’aspetto. Attendevo ogni volta qualcuno o qualcosa.
Ho aspettato spesso, da ragazzino, il suono della campana a fine lezione.
Ho aspettato d’avere il piede abbastanza lungo per indossare le scarpe che anelavo, l’altezza giusta per i jeans che speravo di poter vestire.
Ho aspettato d’aver l’età buona per non essere più snobbato dalla ragazzine, puntualmente interessate a “quelli più grandi”. Gli anni giusti per poter salire sull’ascensore da solo. Quelli buoni per poter guidare il motorino e poi l’automobile. Quelli esatti per poter mettere una X su una scheda elettorale.
Ho aspettato risposte dopo colloqui di lavoro. Dopo 10, 100, 1000 “le faremo sapere”.
Ho aspettato d’avere il portafoglio meno magro ed in grado d’offrirmi quel viaggetto, quella sudata vacanza.
Ho aspettato il triplice fischio dell’arbitro, dopo partite sofferte coi denti stretti e il cuore spremuto.
Ho aspettato con determinazione ed ottimismo una guarigione cercata e voluta. Dopo aver assaggiato i ferri del primario.
Ho aspettato treni in ritardo, su vagoni freddi o arsi dal sole bruciante…privi una volta di riscaldamento e l’altra di aria condizionata.
Ho aspettato in fila, col numerino in mano e senza scavalcare nessuno.
Ho aspettato fiducioso promesse fattemi, talune rispettate, tal altre totalmente disattese.
Ho aspettato telefonate, incontri: alcuni giunti dopo essere stati pattuiti, altri mai materializzatisi.
Ho aspettato con rispetto i tempi del prossimo, anche quando questo deliberatamente non rispettava i miei.
Ho aspettato speranzoso che finisse quel ritornello da disco rotto: “ uno di questi giorni ci si vede…uno di questi giorni…uno di questi giorni “.
Ho aspettato con discrezione e silenzio che il tempo facesse capire al mio interlocutore che un “fanatismo” è sempre poco utile, specialmente quando “seriale”.
Ho aspettato sino a conoscere tante tonalità di ogni sala d’aspetto.
Ho aspettato sino a giungere alla conclusione che non ho più voglia di aspettare.
Fretta? Impazienza? No, nulla di tutto ciò.
Semplicemente ho compreso che la vita non è nell’attesa del futuro né nel ricordo del passato, e neppure nell’avere costanti aspettative.
Ho aspettato di capire che non c’è nulla da aspettare, quando vivi veramente solo nell’eterno presente.